I viaggi classici

Il viaggio di Ulisse nel mediterraneo

Contesto

Ulisse, Odisseo, è un personaggio della mitologia greca. Originario di Itaca, detta la terra del sole, e figlio di Laerte. E' uno degli eroi achei descritti e narrati da Omero nell'Iliade e nell'Odissea, opera letteraria che lo ha come protagonista e che da lui prende il nome.

Analizzando i vari passaggi dell'Odissea, scritta da Omero, cercheremo di ripercorre i luoghi e gli itinerari nel meditterraneo, tracciando un possibile percorso seguito da Ulisse.

Il viaggio di Ulisse avvenne subito dopo la conquista di Troia da parte dei greci tra il 1194 a.c. e 1184 a.c. ed aveva come destinazione Itaca.

Mappa del viaggio di Ulisse

TERRA DEI CICONI (TRACIA)

Resoconto

"Terminata la guerra di Troia, Ulisse salpò con le sue navi per ritornare in patria; si diresse verso Ismara, capitale del regno dei Ciconi per cercare le provviste necessarie per il viaggio. Il re e i suoi uomini saccheggiarono e distrussero la città uccidendo molti guerrieri e facendo prigioniere le loro donne. Ulisse fece irruzione anche nella casa di un vecchio di nome Marone, ma dopo essersi reso conto che si trattava di un sacerdote non gli fece del male. Marone per sdebitarsi regalò a Ulisse dodici anfore di vino, con un otre del quale l'eroe itacese avrebbe in seguito ubriacato il ciclope Polifemo. Ulisse disse ai suoi uomini di affrettarsi, ma invece essi si fermarono a consumare le carni e il vino di cui avevano fatto bottino. Furono quindi sorpresi da un esercito dei Ciconi, radunatosi per contrattaccare. Le donne dei Ciconi poterono così mettersi in salvo mentre Odisseo fu costretto a salpare dopo aver perso sei uomini per ciascuna delle dodici navi."

Commenti

I Ciconi (in greco, Kìkones) erano una popolazione che viveva nel sud-est della Tracia, affacciata sul Mar Egeo. In origine facevano parte del grande gruppo dei Traci, ma finirono poi per costituire un regno autonomo.

Ismara (in greco antico: Ἴσμαρος) era un'antica città ciconia, situata sulla costa del mar Egeo, in Tracia. È citata nell'Odissea di Omero come prima tappa del viaggio di ritorno di Ulisse, che con i suoi compagni distrusse la cittadella situata sul mare e fu poi costretto a fuggire per il contrattacco degli abitanti, tornati con i rinforzi dai compatrioti dell'interno. Ulisse a Ismara ebbe anche in dono dal sacerdote di Apollo, Marone, discendente di Dioniso, che egli aveva risparmiato con tutta la sua famiglia, il vino con il quale in seguito avrebbe fatto ubriacare il ciclope Polifemo.

La città venne in seguito rifondata nel VII secolo a.C. da coloni di Chios con il nome di Maronia (oggi cittadina del distretto greco di Rodopi). Nella località di Aghios Georgios di Maroneia è stata rinvenuta una cittadella fortificata micenea[3], da alcuni identificata con Ismara[4], che tuttavia non si trova sul mare.

Il villaggio di Ismaros è oggi un piccolo porto sul mare, situato sulla strada litoranea tra Maroneia e Xylagani.

terra dei Ciconi

TERRA DEI LOTOFAGI (SUD TUNISIA)

Resoconto

Ulisse approdò presso il popolo dei Lotofagi dopo nove giorni di tempesta, che colse lui e i suoi uomini presso Capo Malea, spingendoli oltre l'isola di Citera . I Lotofagi accolsero bene i compagni di Ulisse e offrirono loro il dolce frutto del loto, unico loro alimento che però aveva la caratteristica di far perdere la memoria, per cui Ulisse dovette imbarcarli a forza e prendere il largo per evitare che tutto l'equipaggio, cibandosi di loto, dimenticasse la patria e volesse fermarsi in quella terra

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I Lotofagi (in greco antico Λωτοφάγοι lotophágoi, da λωτός lotós "loto, frutto del Nordafrica" e φαγεῖν phageîn "mangiare") sono un popolo mitico presente nell'Odissea. Il loro paese dovrebbe andar ricercato sulle coste della Cirenaica. Una tradizione — sostenuta e amplificata dall'industria del turismo — individua in Djerba, nel sud tunisino, l'"isola dei Lotofagi". Diverse carte nautiche antiche riportano l'isola col nome di Lotophagitis.

ISOLA DI POLIFEMO

Resoconto

"Ulisse nel suo viaggio, spinto dalla curiosità sbarcò sull’isola dei ciclopi tra cui Polifemo. Esso mangio 6 uomini dei dodici scelti da Ulisse per esplorare l’ isola. Il ciclope poi li intrappolò nella caverna depositando un grosso masso davanti l’entrata per non farli scappare, ma Ulisse, astuto come sempre, escogitò un piano. Gli offrì del vino così da farlo ubriacare e addormentare, ma prima di questo Polifemo gli chiese il nome e Ulisse come già aveva escogitato gli rispose “il mio nome è Nessuno”. Polifemo allora disse “caro Nessuno in dono di questo gesto, ti mangerò questa sera”. Addormentatosi, Ulisse passo all’altra parte del piano e dopo aver appuntito e riscaldato un bastone, lo infilzò nell’occhio di Polifemo così da farlo urlare così forte da risvegliare i suoi fratelli addormentati. I fratelli corsero subito da lui e chiesero chi gli avesse fatto del male e la sua risposta fu “Nessuno, mi ha accecato” e se ne andarono. La mattina seguente Polifemo decise di liberare le sue pecore non potendo più pascolarle e anche se le aveva controllate da capo a piede, non si era accorto che sotto la loro pancia erano nascosti i greci. Polifemo accortosi della fuga cominciò a lanciare sassi alla cieca e Ulisse ridendo commise un errore disse a Polifemo se qualcuno ti chiederà chi ti ha accecato non dire “è stato Nessuno ma dii Ulisse di Itaca”, Polifemo allora corse subito da suo padre Poseidone e gli chiese di maledirlo".

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Sin dall'antichità, i Greci situavano il paese dei Ciclopi in Sicilia, ai piedi dell'Etna, così come del resto attesta lo stesso Tucidide: «La più antica popolazione che la tradizione riconosce come aver vissuto una parte della Sicilia sono i Ciclopi». In effetti lo storico non fece altro che riprendere le conoscenze diffuse dai navigatori greci sin dai tempi delle prime spedizioni coloniali nell'VIII secolo a.C., conoscenze che riflettono la loro rappresentazione dei mari e delle terre occidentali. Di fronte alla "terra dei Ciclopi" Ulisse ed i suoi uomini sbarcano su un'isola disabitata ma peraltro ricca di risorse: terre fertili, pascoli per il bestiame, colline per i vigneti, sorgenti di acqua limpida, porto naturale dal facile ancoraggio, senza ormeggio difficoltoso né manovre lunghe e delicate. Tutto questo sviluppo del poema dell'Odissea sembra progettato per suggerire come l'isola offra ogni possibile vantaggio per mercanti in cerca di approdi e punti vendita. Ellenisti e studiosi hanno dunque cercato di individuare quale fosse effettivamente il paese dei Ciclopi.

I nomi che appaiono su tutte le carte marine ed i dati di navigazione situano il paese dei Ciclopi alle pendici dell'Etna, di fronte ai Faraglioni dei Ciclopi presso Aci Trezza. Molti studi permettono di assimilare il ciclope Polifemo ad un vulcano dall'unico cratere tondeggiante, l'Etna: del resto, come il vulcano, Polifemo sprofonda nel sonno dopo un'eruzione e nei suoi terribili risvegli erutta e scaglia lontano massi e rocce.

ISOLA DI EOLO

Resoconto

"Il re dei venti donò ad ad Ulisse un otre in pelle di bue che conteneva ogni vento contrario alla navigazione, per poter farlo giungere, dopo tanto peregrinare, alla sua isola natale, Itaca."

Commenti

Le isole prendono nome dal dio Eolo (Àiolos, Αἴολος in greco antico), re dei venti. Secondo la mitologia greca, Eolo riparò su queste isole: viveva a Lipari e riusciva a prevedere le condizioni del tempo e i venti osservando la forma del fumo sbuffato da un vulcano attivo, probabilmente Stromboli. Grazie a questa abilità, Eolo si guadagnò grande popolarità e la fama di re dei venti, dando alle isole il loro nome.

Eolie viste da Ulisse

TERRA DEI LISTRIGONI (CAMPI FLEGREI)

Resoconti

I Lestrigoni sono un popolo leggendario di giganti antropofagi, citati nell'Odissea come distruttori della flotta di Ulisse. Secondo Omero, nella terra dei Lestrigoni la notte è così breve che il pastore che esce sul fare del mattino per portare il gregge al pascolo incontra il pastore che rientra perché sta calando la sera. Questo particolare ha portato qualcuno a ipotizzare che si tratti di vaghi ricordi dell‘estate nordica da parte di qualche viaggiatore. La loro città è chiamata Lestrigonia o anche Lamia, da Lamo, suo fondatore all'epoca della guerra di Troia.

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Mitico popolo di giganti antropofagi situato da alcuni mitografi in Sicilia, da altri nell'estremo occidente. Essi abitavano una città chiamata Telepilo fondata da un certo Lamo, figlio di Poseidone.

Secondo alcuni autori antichi, il nome Lamia derivava invece da quello di una fanciulla libica che Giove, in occasione di una delle sue numerose infedeltà coniugali, aveva rapito e portato sul lido di Formia.

Secondo Strabone i Campi Flegrei erano la terra dei giganti Lestrigoni, i quali, al comparire della nave di Odisseo, lanciano pietre e fuoco. Le eruzioni flegree, così, vengono mitizzate come grossi macigni lanciati dai mostri (vulcani)

MAGA CIRCE (ISOLA DI EEA O SAN FELICE CIRCEO-LAZIO)

Resoconto

"Ulisse, dopo aver visitato il paese dei Listrigoni giunge sulle coste dell’ Italia e si ferma sull’ isola di Eea dove incontra la maga Circe. Questa invita i suoi amici ad un banchetto, dove a causa di un incantesimo, si trasformano in animali diversi in base al loro carattere.

Ulisse avendo saputo la notizia si affretta a giungere al palazzo dalla maga, ma per la strada incontra il dio Ermes che gli dice che se avesse messo una pianta nelle bevande sarebbe rimasto immune a tutto, così fece e maga Circe capì che avrebbe dovuto liberare dall’ incantesimo non solo i suoi amici ma anche tutti gli altri che aveva intrappolato.

Ulisse stette un anno presso la maga Circe ed ebbe da lei un figlio di nome Telegono e forse anche una figlia, Cassifone.

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"L'isola di Eea (in greco antico: Αἰαίη, Aiáiē oΑἰαία, Aiáiā, in latino: Aeaea) viene nominata nell'Odissea come dimora della maga Circe e prendeva il nome da Eos, l'aurora. Che la sede di Circe fosse un'isola è ben chiaro nel libro X dell'Odissea in quanto Ulisse, salito su una roccia scorse nella sua interezza il contorno dell'isola: e il pelago tutto d'intorno la stringe e ghirlanda. Tale isola è stata identificata, fin dall'antichità (lo testimonia Strabone), con l'attuale promontorio del Circeo. Tuttavia il Circeo non è che un promontorio e in passato era una penisola; si è ipotizzato quindi che in epoca antica dovesse essere separato dalla terra e circondato dal mare o collegato alla terra da una spiaggia. A ricordo di questa sede ipotetica esiste ancora una grotta indicata come "della Maga Circe", dove il termine maga (di uso popolare e letterario non greco) sostituisce quello originario di dea, nonché le rovine del cosiddetto "Tempio di Circe (o di Venere)", dove fu rinvenuta una testa di una statua, attribuita alla divinità.

La dimora di Circe era al centro dell'isola, in un'aprica pianura e in giro si vedevano ampie strade. Come si può notare sia l'isola che le ampie strade lasciano dei dubbi sull'identificazione di Eea con il Circeo, tuttavia il promontorio del Circeo, visto da Gaeta o Sperlonga, può sembrare proprio un'isola. Alcuni storici hanno ipotizzato che l'isola corrispondesse all'acropoli di Terracina o comunque in una zona vicina a Terracina[2]. Inoltre a Terracina il tempio della dea Feronia sembra potersi identificare proprio con Circe. Altri hanno ipotizzato, invece, che fosse l'isola di Ponza

Più di recente altri ancora, come il professore e storiografo neozelandese L.G. Pocock[5][6], studiando e ripercorrendo approfonditamente gli eventi descritti nell'Odissea di Omero, hanno identificato Eèa nell'Isola di Ustica, la quale, anche per lo scrittore Marco Carlo Rognoni[7], sembra corrispondere al luogo più plausibile a motivo della sua particolare storia, posizione e morfologia.

Circe

LE SIRENE (CALABRIA)

Resoconto

Preavvertito da Circe, ordinò ai suoi uomini di tapparsi le orecchie con la cera; lui stesso si fece legare a un albero della nave, vietando ai compagni di slegarlo, qualunque supplica avesse loro rivolto. La storia racconta che le Sirene, indispettite dal proprio insuccesso, si buttarono in mare e affogarono.

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La tradizione, accolta anche da Virgilio, colloca l’isola delle Sirene dell’episodio narrato da Omero in un gruppo di scogli a Sud della penisola di Sorrento, al largo delle Isole Sirenuse. Secondo altri, invece, le sirene vivevano su un’isola tra Scilla e Cariddi, nello Stretto di Messina.

Le sirene di Ulisse

SCILLA E CARIDDI (CALABRIA-SICILIA)

Resoconto

Ulisse tenta di superare i mostri Scilla e Cariddi. Scilla mangia sei compagni di Ulisse.

A impresa compiuta, Odisseo non riesce a frenare la voglia dei compagni di banchettare con le invitanti mucche sacre di Elio. Per questo Odisseo racconta di essere stato per nove giorni in balia di terribili tempeste scatenate da Zeus, con la nave distrutta e i compagni uccisi da Cariddi.

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"Geograficamente Cariddi è collocabile sulla punta messinese della Sicilia, a Capo Peloro. Scilla è situata sull'omonima punta, che sorge 22 km a nord del capoluogo: il Promontorio Scillèo, proteso sullo Stretto di Messina, che anticamente veniva infatti denominato Stretto di Scilla.

Il toponimo scylla (""cagna"") richiama un misterioso mostro che sarebbe il responsabile di tempeste scatenatesi sul mare che determinarono la fine di molti naufraghi. Descritta da Strabone come uno scoglio simile a un'isola[4], Scilla mantiene tutt'ora i tratti di questo paesaggio. I suoi pochi abitanti furono degli abili navigatori e conoscitori delle rotte, notizia questa confermata da San Girolamo"

Scilla e Carriddi dal mare

CALIPSO (ISOLA DI OGIGIA)

Resoconto

Ulisse, scampato al vortice di Cariddi, approda su un'isola. Incontra Calipso e se ne innamorò. L'Odissea racconta come ella lo amò e lo tenne con sé, secondo Omero, per sette anni offrendogli invano l'immortalità, che l'eroe insistentemente rifiutava. Ulisse conservava in fondo al cuore il desiderio di tornare ad Itaca, e non si lasciò sedurre.

Calipso abitava in una grotta profonda, con molte sale, che si apriva su giardini naturali, un bosco sacro con grandi alberi e sorgenti che scorrevano attraverso l'erba. Ella passava il tempo a filare, tessere, con le schiave, anch'esse ninfe, che cantavano mentre lavoravano. Le lacrime di Ulisse vennero accolte da Atena, la quale, dispiaciuta per il suo protetto, chiese a Zeus di intervenire. Il dio allora mandò Ermes per convincere Calipso a lasciarlo partire e lei a malincuore acconsentì. Gli diede legname per costruirsi una zattera, e provviste per il viaggio. Gli indicò anche su quali astri regolare la navigazione.

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Sono diverse le collocazioni attribuite ad Ogigia nella geografia reale: appena fuori dallo stretto di Gibilterra oppure, secondo tradizioni locali della Dalmazia, l'isola di Meleda; secondo altri autori invece è l'isola di Gozo nell'arcipelago maltese, dove è possibile visitare la grotta "di Calipso" che sovrasta la spiaggia rossa della Baia di Ramla; ancora, l'isola di Gavdos a sud della Grecia. Secondo alcuni recenti studi, Ogigia si troverebbe di fronte ai monumenti alla costa calabra del Mar Ionio, in corrispondenza della Secca di Amendolara o nei pressi di Punta Alice a Cirò Marina. Per altri ancora si tratterebbe dell'isola di Pantelleria.

Questa isola viene descritta da Ulisse come un posto paradisiaco della felicità e dell'immortalità.

Isola Ogigia

NAUSICAA (TERRA DEI FEACI)

Resoconto

Ulisse nel ritorno si dovette fermare nella terra dei Feaci dove incontra Nausicaa figlia di Alcinoo che gli chiede cosa gli fosse accaduto e dopo avergli raccontato tutto, Alcinoo gli procurò una nave per andare finalmente a casa «Itaca».

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Incerta è l'ubicazione che la tradizione letteraria greca assegna a questo popolo: accanto alla immaginaria Iperia, vi è la collocazione che li vorrebbe gli antichi abitanti di Corcira (l'odierna Corfù), accolta da Tucidide. Strabone, nella sua Geografia, la colloca invece nel mezzo dell'Oceano Atlantico, al pari di Ogigia, l'isola della ninfa Calipso, infine lo scrittore Ph. Champault, nel suo libro 'Phéniciens et Grécs en Italie d'après l'Odyssée' dimostra che la terra dei Feaci, la loro città Scheria ed i Feaci stessi si identificano con l'isola d'Ischia e con quella colonia di Fenici ellenizzanti che vennero primi a stabilirsi in essa. Armin Wolf, docente di Storia medievale presso l'università di Heidelberg e ricercatore presso il Max Planck Institute di Francoforte, sostiene che Ulisse, prima del suo imbarco per ritornare a Itaca, abbia attraversato via terra l'Istmo calabrese e ritiene che la terra dei Feaci sia da identificare con l'attuale territorio compreso tra il golfo di Sant'Eufemia e quello di Squillace. Altri individuano sempre il territorio calabrese, ma localizzano la terra dei Feaci nella punta meridionale della Calabria. Uno studio ne teorizza addirittura l'esatta ubicazione collocandolo a Palmi, lungo le coste Calabre della Costa Viola Altri ancora identificano l'isola di Scheria con la Sardegna, in quanto anch'essa collocata nel mare occidentale, popolata da abili navigatori e con usanze simili a quelle di Scheria come la lotta tra i pugilatori (attestata dai bronzetti nuragici e dai ""giganti"" di Monte Prama) e il famoso ballo tondo, inoltre anche la Sardegna nuragica era probabilmente dominata da diversi sovrani. Sono altresì da menzionare le ipotesi degli studiosi Pietro Sugameli (1845-1922) e Ciro Scotti (1883-1943), secondo le quali la terra dei Feaci sarebbe da identificare, rispettivamente, con la Sicilia occidentale (si veda il saggio di Sugameli del 1892 Origine trapanese dell'Odissea) e con l'isola di Ischia (si confronti l'opera di Scotti datata 1908 Omero e l'isola d'Ischia).

Itaca